Il dramma si consuma davanti al banco frigo di una gelateria: una persona si tortura finché non sceglie gli stessi due o tre gusti che ha scelto sempre. Una persona si misura con una certa cura sui gusti di gelato in un approccio da sommelier: comportamento adeguato e stralci di riviste di settore sgominano la minaccia alimentare di una persona che abbina cioccolata e limone; melone, liquirizia e torrone. Una persona si fra-oppone dicendo che la scelta di gusti non è importante: bisognerebbe scegliere senza farsi troppe domande. Una persona sceglie stracciatella e crema senza essersi fatta domande. Una persona si accerta che colorante, zucchero bianco e latte in polvere il gelato non ne contenga. Una persona loda la purezza di un ragazzino che scava una coppetta al puffo, quella persona prova a riscoprire la purezza mangiando panna colorata di azzurro
Ma no... ma sono un idiota! Sono fuori tema... fuori binario, fuori dal piatto, fuori argomento: volevo parlavi di gusto, invece vi parlo di comportamento, di quelle frasi che le persone sbandierano, delle sentenze che molto spesso barrierano
Ma io conosco un passaggio segreto irto di pericoli, vicoli, cunicoli, marginalismi dove respiri a fatica, seguitemi: da questa parte!
Dentro i nasi, sopra le lingue, attorno ai denti, sulle gengive. Muovi l'epiglottide e via, verso l'esofago; le tue papille percepiscono mentre le ghiandole piangono enzimi di ptialina che impastano e pre-digeriscono. Quattro zone della lingua, quattro gusti fondamentali: il dolce, il salato, l'amaro, l'acido; a cui si aggiunge un quinto: il sapido, l'umami. È stato aggiunto di recente, per l'esattezza ha ricevuto un nome di recente, una codifica che ci consente di attraversare meglio i gusti di pietanze come alghe, cozze, alcuni stadi di stagionatura del formaggio, alcune salse, preparati con la carne dal sapore forte, quasi marcio, ma che piacciono, gli animali che si cacciano e che sanno di selvatico, i vegetali acquatici a tenore alto di glutammato monosodico. Non sono cose che si inventano, non è rivoluzione percettiva, legittimazione dei sapori più cinesi; è un segnale sulla mappa dove prima c'era il vuoto, è un lavoro fatto per gli schizzinosi, per costruire loro un suolo, per trasformare l'esclamazione "che schifo!" nell'affermazione "che buono!", è uno sdoganamento che richiede molto tempo: la scoperta dell'umami risale infatti agli inizi del '900, la Chiesa della Percezione crede di star analizzando l'Universo a partire dal concreto, ma ciò non è possibile se al posto del fenomeno si guarda solo il risultato comprovato. I dati sono numeri, la più alta delle astrazioni scrivibili, i gusti invece sono pura percezione, la cosa più stimolante su cui si può discutere, la cosa più pericolosa che si può andare a chiedere; ed è per questo che "de gustibus disputandum est", ospitando per primo me stesso nel mio ristorante, sottoponendomi l'assaggio di un piatto reagisco come Anton Ego, sprofondo nel gusto mentre il resto non conta, il contenuto e la forma mentre il giudizio mi assorda. Perdo vista e udito, le sensazioni marginali si fanno portanti, mi concentro sui micro segnali che non rappresentano, ma che sono la realtà dei fatti. Cosa vuol dire credere solo in ciò che prendi con i cinque sensi? E le persone che vivono di aggiornamenti davanti agli schermi si precipiteranno in ristoranti e baracchini alimentari ad assaggiare cibi per capire cos'è umami? Al di là delle informazioni generali che si assimilano ai fatti, che si sedimentano in gusti, che difendono dagli attacchi interessanti dei gustisti, che non esistono: sono solo stirate di ipotesi che vorrei fossero avanscoperte, test senza mai tirarsi indietro, insidia alla dogana, aggregatore di sensazioni all'interno dell'intero schifo, alternano l'attesa all'interno, il pesce al formaggio, cuociono il riso nel piscio salato, nella coscienza di Abe-no-kaii Tanoshi che pesta e mesci, pesta e mesci, pesta e mesci, pesta e mesci, figlio di un avvelenatore